Coltivazione in sabbia - ricordi alla rinfusa

Pubblicato online (2022).

Da quando non coltivo più piante carnivore (2016?) i miei neuroni si sono gradualmente spostati per concentrarsi sulle Nepenthes dell'Indocina. Se dieci o vent'anni fa ricordavo le piante di tutti, com'erano coltivate, le mie esperienze di coltivazione, quelle lette sulle riviste, e come potevo beneficiare dall'incrocio di questa gran mole di dati, ora mi accorgo che insieme all'interesse si è spostata anche la memoria. Non temete, so ancora come si coltiva una pianta, solo che mi rimangono più che altro le conclusioni tirate negli anni e il pollice verde, non più l'archivio delle singole esperienze.

Prima di finire in un centro di ricovero per anziani, con la copertina sulle ginocchia, sarebbe il caso di condividere quel che so e rammento della coltivazione su sabbia. E' solo accennata nel mio libro, perché è roba per specialisti, ma si spera che il tema venga in futuro approfondito.

Penso che la fissa della sabbia mi sia venuta alla fine degli anni '90, ma siccome il mio account email risale al 2000, è difficile avere date esatte. E' possibile trovare in rete i miei brevi post sulla coltivazione con pura perlite (1997), con sabbia e perlite (1997), con argilla espansa e spugna (1998) e con palline di torba (1999). Rimasi anche colpito da un articolo di Heiko Rischer (1999). Le sue premesse erano molto giuste. Di solito usiamo composti organici, come torba, sfagno e corteccia. Questi dopo un anno o due cominciano a decomporsi, la chimica cambia, il terreno si comprime, l'ossigeno diminuisce. E' tempo di rinvasare. A molte piante non interessa, ma rinvasare una Nepenthes è un dramma. Quanto sarebbe bello non doverle più rinvasare e poter contare su un composto che rimane sempre uguale.
Intendiamoci, qui si parla di praticità. Un composto inorganico presenta molti vantaggi, forse anche psicologici, ma non sono qui per dirvi di mettere tutte le piante in sabbia perché crescono meglio, né dovete preoccuparvi di rinvasare gli ibridi da garden, quelli stanno bene dove stanno.

Un'altra cosa di cui qui parlo poco: che usiate o meno fertilizzanti, con un composto inorganico diventa ancora più importante nutrire le trappole. Il compromesso ecologico delle carnivore è chiaro: "Noi cresciamo nei terreni peggiori, dove le altre non crescono, ma in cambio vogliamo luce per i nostri meccanismi e insetti per nutrirci". 

Heiko portava l'esempio di cinque specie che in natura crescono in substrati inorganici come argilla e rocce di vario tipo. Oggi sappiamo che un'enorme quantità di specie carnivore cresce in substrati inorganici, di solito sabbia di granito, quarzo o silicea (rocce imparentate, ma passiamo oltre). Heiko suggeriva un composto di Seramis (palline di argilla inerte, grandi come la perlite e ben diverse dalla nostra argilla espansa), lapillo vulcanico e Lecaton (la nostra argilla espansa). Per me era difficile trovare Seramis e lapillo, ma ho fatto esperimenti con materiali inorganici affini o quasi.

I materiali alternativi

Argilla espansa: la provo da sola e con altri componenti, finché Andrea Amici un giorno non mi telefona di corsa avvertendomi che ha fatto delle prove (acido o cartina tornasole?) e l'argilla espansa è risultata calcarea. Questo spiega le punte secche su molte delle mie piante e i residui qua e là. Via l'argilla espansa, e l'avviso viene ribadito nel mio libro. Da notare che la N. mirabilis, che davvero cresce dappertutto, resisteva bene pure nell'argilla espansa. E Heiko? Forse la marca Lecaton non è calcarea. Oppure le piante sopportavano a malincuore.

Palline di torba: questo materiale, di marca Sera e in effetti organico, viene usato per gli acquari, come filtro per correggere l'acidità dell'acqua. Immaginate la perlite, ma fatta di torba compressa e quasi altrettanto dura. Praticamente torba indistruttibile. Funziona bene, le piante l'adorano (avevo un piccolo Cephalotus particolarmente felice e colorato), ma costa davvero tanto, e quando faccio rifornimento acquistando una marca diversa, le piante sembrano non gradire più (anche l'odore e l'aspetto delle palline cambia). Soluzione troppo costosa e inaffidabile, se solo cambiando marca si rischia.     

Laterite: sempre nei negozi di acquari, si trova questa polvere lateritica. E' molto costosa, ci puoi riempire un paio di vasi di 8 cm, non la puoi usare come composto generico o svuoti il conto in banca. I due o tre di noi specializzati in Nepenthes, avevano ormai notato che spesso le piante in natura crescono su argilla rossa o arancione, e almeno nel caso di N. merrilliana, si parlava esplicitamente di laterite. Il Seramis in Italia non c'era, l'argilla che compone il suolo italiano è ben diversa, l'argilla espansa non funziona, proviamo la laterite in polvere. L'ho provata con N. merrilliana. Non ci furono cambiamenti epocali, e oggi so che il problema con quella specie non è la laterite. La polvere di laterite usata da sola era molto difficile da bagnare, l'acqua restava in superficie e diventava fango. Era meglio aggiungere la polvere alla torba. Comunque, direi inutile. Un'importante lezione imparata col tempo: non fatevi ingannare da piante meravigliose che crescono in condizioni particolari, perché spesso il fattore che le rende così belle non si nasconde in quelle condizioni particolari, oppure quelle condizioni particolari sono più complicate di quanto pensiate.

Spugna: i pezzettini di spugna triturati sono un classico nella coltivazione delle orchidee, insieme alla corteccia. Quest'ultima infatti trattiene poco l'acqua e può diventare idrorepellente. I pezzetti di spugna aiutano a trattenere l'umidità. Anche quelli li ho abbandonati in fretta, se non sbaglio perché erano difficili da produrre singolarmente a mano, perché nel mio caso trattenevano l'umidità fin troppo, e forse anche per il timore che oltre all'umidità avrebbero potuto trattenere eventuali fertilizzanti e sali annessi.

Lapillo: non penso di averlo mai usato da solo, forse una volta. Per lo più lo mischiavo con altri materiali. Il colore rossiccio suggeriva la presenza (ma il rilascio?) di ferro, che sarebbe stato ottimo. Non è troppo pesante, ha consistenza porosa, tutti fattori a prima vista incoraggianti. Ma niente risultati eccezionali, era un'alternativa come un'altra.

Seramis: molto costoso e introvabile in Italia. Sono riuscito a scroccarne un sacchetto a Kew, che ho usato per molti esperimenti. E' argilla ma inerte, assorbe acqua come la perlite, è altrettanto duro ma non è polveroso. La mia speranza era che avrebbe potuto rilasciare le sostanze utili che le piante cercavano in queste benedette argille e lateriti, senza lo svantaggio della consistenza malsana e difficile da gestire di queste ultime. Purtroppo mi sono reso conto che il Seramis non rilascia nulla. Tra me e Mario Beretta, all'epoca si sperava nel fatto che - un po' ereditando lo spirito di Heiko Rischer - mischiando fra loro tanti elementi di questo tipo, non solo avremmo avuto i vantaggi di un composto inorganico, ma avremmo avuto quelle minime quantità di minerali rari che pare piacciano alle Nepenthes, i famigerati microelementi. Tra perlite, lapillo, Seramis, etc., era difficile che mancasse qualcosa. Anche se Heiko nell'articolo era stato chiaro: i composti inorganici hanno molti lati positivi ma attenzione, essendo inorganici hanno pochi nutrienti, quindi è meglio fertilizzare.

Perlite: la perlite la conosciamo tutti benissimo. Quando una persona però vuole coltivare una carnivora in sola perlite, deve considerare che questo materiale è molto polveroso, e la polvere non è solo fastidiosa e pericolosa per l'uomo, ma è anche poco gradita alle piante. Se tutto viene miscelato a metà con la torba, fine del problema, ma se tutto quello che la pianta ha a disposizione è la perlite, le sue radici non hanno la possibilità di evitare il millimetro di perlite e crescere nel millimetro di torba a fianco. Solo e soltanto perlite. Cara radice, c'è troppo sodio? Troppi sali di qualche tipo? Troppo fluoro (anche quello un dubbio che ci ha attanagliato negli anni '90, a causa di un'esperienza tragica riportata da Wistuba)? Tutte queste impurità sono più velocemente assimilabili perché in polvere e non in granuli? Ti arrangi, c'è solo perlite a cui aggrapparsi. Quindi, se sperimentate usando la sola perlite, fate sì che sia ben lavata. Ho coltivato una grossa Sarracenia purpurea in sola perlite, nutrendola col solito pollo, nessun fertilizzante, mai nessun problema. Alla fine, se non sbaglio, mi ha fatto pena e dopo uno o due anni l'ho rinvasata in torba. Ho avuto altri problemi con la perlite, ma sono più recenti, ne parlo più in basso. 

La sabbia

Tra la fine dei '90 e l'inizio dei 2000, il mio mix inorganico favorito è stato sabbia e perlite in parti uguali, in vasi di plastica. Questo perché la sabbia e la perlite sono economici, facili da trovare, inerti, ben conosciuti, non rischiosi e si bilanciano l'un l'altro per dare acqua, peso e ossigeno. Gli altri materiali di cui sopra non hanno tutti questi vantaggi e non sembrano avere effetti miracolosi. In sabbia e perlite, le piante crescono più lente e più piccole, ma altrettanto bene. Un compromesso accettabile, anche perché non ho lo spazio sufficiente per farle crescere di un metro all'anno. Non devo più travasare (quando lo faccio, la sabbia cade da sola, niente strappi e stress), le radici sono ben arieggiate e robuste e - anche nelle mie condizioni pessime - non c'è il rischio che il composto rimanga umido per troppo tempo. Se già le piante fanno fatica perché non vivo ai tropici, l'ultima cosa che vuoi fare a una Nepenthes a dicembre è tenere il composto troppo umido e far marcire le radici.

A onor del vero, ricordo di aver fatto avanti e indietro tra sabbia e perlite e torba e perlite (con sfagno e corteccia a piacere, più i tentativi in ordine sparso coi materiali alternativi succitati), forse a seconda della grandezza della pianta, del posto in cui la tenevo, dei risultati e dello spirito del tempo. Sono passati così tanti anni che non riesco a mettere le fasi in ordine cronologico. Credo di aver sperimentato sabbia e perlite con tutte le carnivore che mi sono passate per le mani, ma a lungo andare l'ho ritenuta un'opzione valida solo per le Nepenthes e, nel caso di altri generi, per le talee (per queste ultime, anche la sola perlite è ottima). Non che le altre carnivore morissero, solo che non valeva la pena di nanizzarle e rallentarle, visto che rinvasare per loro non era un problema e restavano basse per natura.  

Comunque, tornando ai primi anni del nuovo secolo, con la sabbia resta spazio per le migliorie. Perché crescono piano? Perché la sabbia è pesante, è dura e non ha nutrienti. Avevo già pensato di risolvere il problema di pesantezza, durezza e ossigeno con la perlite e aveva funzionato, ma è in questi anni (2002-2004) che le esperienze di vita portano altri input preziosi.

2002: sono in Thailandia, a Krabi. E' sempre più chiaro che qui tutte le carnivore crescono in sabbia di quarzo fine come quella di mare, con sì e no un 5% di materia organica. Stacco un pezzettino di fusto da una N. mirabilis trovata sul ciglio della strada e provo a fare una talea. Non ci sono negozi che vendono torba o sfagno, e sono già deciso a fare un tentativo: scendo giù in strada, mi guardo intorno, vedo una montagnola di sabbia che stanno usando per lavori stradali e ne prendo una manciata. Abbastanza da riempire un vasetto di 8 cm, nel mio caso il fondo bucato di una bottiglia di plastica. Metto la talea sul mio balconcino, in penombra, e la bagno con acqua in bottiglia. Resta moscia per qualche giorno, e ferma per almeno una settimana. Poi la foglia in cima si apre e comincia a svilupparsi una nuova foglia, veloce e perfetta. Forma un ascidio e subito si fanno vive le formiche. L'ascidio si riempie, e la pianta a quel punto cresce come una scheggia. Di certo soprattutto grazie al clima, ma la sabbia, seppur improvvisata e casereccia, si guadagna un'altra conferma.

2004: sono nello Sri Lanka, a Borneo Exotics. Tra i miei esperimenti, includo dei trials in sabbia pura (lì non c'è perlite). La sabbia che hanno è fine, ma è una via di mezzo tra quella che ho visto in Thailandia (meno di un millimetro) e quella che compro in Italia (anche detto ghiaietto, 2-3 mm). Nei trials uso anche il fertilizzante a lenta cessione Osmocote, che a Borneo Exotics è un must e riflette alla perfezione le condizioni in natura, dove ogni pioggia attraversa il terreno e porta alle radici il poco nutrimento disponibile. Molto meglio che una montagna di nutrimento una volta al mese. Usiamo una pallina di fertilizzante per ogni centimetro di diametro del vaso; e l'Osmocote i microelementi li ha! Resto nello Sri Lanka tre mesi, abbastanza da vedere che le piante in sabbia crescono come le altre, solo un po' più lente. Abbiamo anche tutti l'opportunità di notare come le piante - specialmente quelle che non amano crescere nella fibra di cocco - crescono molto bene nella terra locale, un'argilla rossastra. Robert Cantley mi fa notare che, al contrario di torba e cocco, l'argilla e la sabbia sono buffered, cioè "tamponate", o chimicamente stabili. Nel senso che le sostanze organiche, col tempo, col fertilizzante e con le condizioni ambientali (specialmente in vaso, dove non c'è il ricambio delle sostanze stesse), cambiano chimicamente, in consistenza, pH e altro, mentre argilla e sabbia restano uguali. Mesi dopo mi faranno anche sapere che le radici in sabbia si sviluppano meglio, sono più numerose e robuste, di sicuro perché devono farsi strada e prendere acqua e nutrienti prima che scorrano via, devono farsi i muscoli, e possono contare su molto ossigeno e chimica stabile. Importanti conclusioni:
1) La mia sabbia milanese è particolarmente dura, se ci metto il dito sbatte, non va giù morbido come con le altre due sabbie, e anche questo mi obbliga a usare la perlite.
2) A parte casi particolari, il clima dei tropici fa più del terreno. Piante per cui tutti in Italia ci preoccupavamo, escogitando tutte le combinazioni di composto possibili, sembrano poter crescere in qualunque mix, dall'argilla alla ghiaia, purché col supporto del clima tropicale (e sempre con gli standard minimi per le carnivore: acqua pura, pH da neutro a leggermente acido, sostanze nutritive usate con cautela, etc. - vedi libro).   

Tra il 2004 e il 2006 provo col cocco e poi torno a torba e perlite. Poi passo alle specie indocinesi, che tollerano bene la poca umidità. Uso torba e perlite e vasi grandi, per rinvasare poco e sperando in una ripresa veloce. Bagno poco ma uso l'Osmocote per una crescita regolare. Per le talee uso ancora sabbia e perlite, insostituibile. Tutto procede fin troppo bene (mancanza di spazio dopo che le piante superano il metro), e ho modo di avere qualche altro feedback importante dalla sabbia:

- Coltivo un'Utricularia in un vaso di plastica di 8 cm, riempito con sabbia fine thailandese e messo in un sottovaso con un centimetro d'acqua. Dopo qualche mese, rinvaso e mi accorgo che la sabbia puzza di marcio. Anossia. Anche con un vaso così piccolo, la sabbia era tanto fine e pesante che l'ossigeno non è arrivato sul fondo, anche a causa della plastica. Mi rendo conto che devo fare più attenzione a cosa succede sul fondo dei vasi. E' un punto critico. Col 90% delle carnivore magari no, ma con le Nepenthes la cosa cambia. In natura tutto è perfettamente accordato, l'ossigeno arriva da ogni parte, neanche nella sabbia c'è anossia, ma coi vasi devo stare attento. Vaso di terracotta, vaso di plastica, vaso a rete, acqua stagnante o meno, fertilizzanti, peso del composto, altezza del vaso, tutto pesa sui quei pochi centimetri sul fondo, il punto critico dove le radici vivono o muoiono (i riferimenti a questo ragionamento sono presenti anche nel libro, nel capitolo su composto, vasi e travasi). Sabbia grossa e perlite o sabbia fine da sola, sono due cose completamente diverse. Mettere uno strato ossigenante sul fondo (perlite, piccoli vasi rovesciati, o qualunque cosa crei una camera d'aria) è fondamentale, oppure alleggerire il composto o usare un vaso di terracotta, o a rete. Insomma, ci vuole ossigeno.

- Voglio irrobustire le radici di alcuni seedling e li metto in sabbia e perlite. Colpo di genio: uso l'Osmocote. Si rivela un colpo di scemenza. I lati delle foglie ingialliscono in fretta, sintomo di avvelenamento (o, in altri casi, di carenza). Le travaso in torba e perlite, migliorano subito e faccio in fretta a capire qual'era il problema. Immaginate cosa fanno fertilizzanti e acqua del rubinetto a un poroso vaso di terracotta. Immaginate di sminuzzare la terracotta fino a renderla come la perlite, e bagnate usando fertilizzanti o acqua del rubinetto. I pori causeranno lo stesso problema ma moltiplicato per tutti i granelli. Ora immaginate le radici di una Nepenthes che evitano il granello di sabbia per gettarsi con tutte le loro capacità assorbenti sul granello di perlite che contiene acqua e ossigeno. Non c'è bisogno di dire altro.      

Con le indocinesi arrivo al 2016, e il resto è storia.
Una volta ho visto una N. khasiana di un metro e mezzo (una vecchia mail dice tre metri, forse ricordo male) coltivata in un vaso di plastica di 50 cm che a detta del coltivatore era pieno di sabbia di cantiere. Tutto ciò che io avrei evitato. Vai a capire: che tipo di sabbia era? C'era in qualche modo aria sul fondo? Quanto è tollerante la super tollerante N. khasiana? Le sue radici crescevano solo nella metà più alta del vaso? Mah. Sabbie più morbide potrebbero trattenere più ossigeno e rendere più facile la crescita delle radici. Ad esempio, la consistenza e lo spessore della sabbia per sabbiera (colore beige o marrone chiaro; quella dove giocano i bambini al parco) sono ottimi, mi ricordano quella di BE, ma ho letto che non va usata con le carnivore. Se qualcuno vuole provare (Drosera capensis!), l'importante è che non sia calcarea e che sia ben lavata.

Cosa proverei oggi?
- Vaso a rete. Quando la sabbia è tanta, neanche la terracotta ossigena abbastanza, e non vado matto per l'abbinamento terracotta/fertilizzante. Se sono costretto a usare normali vasi di plastica o terracotta, aggiungerei uno strato di chips di polistirolo sul fondo, per un quinto/un quarto dell'altezza del vaso. Il polistirolo è leggero, inerte, dura per sempre e non trattiene i sali del fertilizzante. Volendo andare sul sicuro, nessuno vieta di usare i chips col vaso a rete, tutto ossigeno in più.
- Osmocote.
- Niente sottovaso. Per evitare i sali del fertilizzante.
- Niente perlite. Per evitare i sali del fertilizzante.
- Sabbia di circa 1 mm,
di quarzo, granito o silicea. Lavata e con pH controllato (tanto è un lavoro che si fa una volta sola). Con granelli abbastanza grandi da non passare attraverso i buchi del vaso a rete. Comunque, quando è bagnata, è difficile che scivoli via. Se di altri materiali, è bene approfondirne le caratteristiche chimiche.

Perché non miscelare semplicemente un 5% di sostanza organica a un 95% di materiale inorganico, come in natura? C'è l'inghippo.
Se riempi il 95% con un materiale non poroso, anche quando il 5% di materiale organico perde i suoi nutrienti, puoi fertilizzare (e allora a cosa serve quel 5%?). Però il materiale non poroso è troppo pesante e comprime il materiale organico, rendendolo più anossico di quanto non succederebbe a un 100% di materiale inorganico.
Se riempi il 95% con un materiale poroso, è tutto molto leggero e ben aerato. Ma non puoi fertilizzare a cuor leggero, devi rinvasare, e siamo da capo. Tanto vale usare torba e perlite cinquanta e cinquanta.
Un trucco da provare: sola perlite con sfagno vivo in cima, bagnare sempre dall'alto. Lo sfagno cresce e si decompone, creando poca materia organica ma di continuo, e a ogni innaffiatura ne scende un poco attraverso la perlite. Certo dovete avere le condizioni giuste per lo sfagno, e non sarà mai preciso e completo quanto l'Osmocote, ma si può provare. 

Sotto, talee di N. rafflesiana in sabbia e perlite, prima e dopo.
Per inciso, non è che avessi lo stesso successo con tutte le specie. Molte sono parecchio rognose, e avere il clone giusto fa tanto.